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Policarpo















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Policarpo - Modello di razzo dotato di trasmettitore VHF per trasmissione telemetria analogica (1993)



Criscaso 1992 - 1993

Questa pagina Febbraio 2010 (rieditata aprile 2012)




criscaso Policarpo 1993
  Policarpo su pad di lancio, 9 agosto 1993


Premessa

Pregasi leggere attentamente la pagina Disclaimer relativa alle avvertenze per la lettura dei miei testi di missilistica sperimentale.





Introduzione

Policarpo era un piccolo razzo realizzato in cartoncino e legno di balsa dotato di trasmettitore VHF tarato sulla banda radioamatoriale dei 144 MHz che trasmetteva un tono audio compreso tra i 100 e i 1000 Hz prodotto da un circuito oscillatore VFO azionato da un accelerometro a massa oscillante. L'esperimento consisteva nel trasmettere, in forma analogica e rudimentale, dati di volo da bordo dell'apparecchio e riceverli a terra per verificare il collegamento a media distanza (tre chilometri per la stazione remota) e per dimostrare la possibilità di affidare un carico utile a un piccolo razzo. Policarpo era dotato di un cluster di due motori Estes D12 ed era pensato in due unità separate (booster e capsula) che tornavano a terra con sistemi di paracadute indipendenti. Il veicolo effettuò quattro voli con diverse motorizzazioni e dimostrò la fattibilità di quanto richiesto in sede di progetto, andando oltre le aspettative e producendo risultati per l'epoca assolutamente all'avanguardia. In particolare l'esperimento di telemetria era ispirato alla reale missilistica di alcuni famosi vettori spaziali, di cui riprendeva i principi fisici ed elettrici. Di questo progetto esiste documentazione sotto forma di articolo pubblicato dalla rivista Unoaotto della MantuaModel nel 1994.

Oggi questo piccolo progetto può sembrare insignificante, soprattutto alla luce dei grandi successi raccolti, anche nel nostro paese, dai grandi razzimodellisti che ormai si danno da fare con veicoli estremamente sofisticati, potenti e raffinati. Solo, mi preme sottolineare che si tratta di un pezzetto di storia del 1993, quando in Italia non esistevano nè organizzazioni, nè gruppi, nè associazioni, nè assicurazioni, nè mecenati del razzimodellismo. Nè esistevano apparecchiature commerciali di telemetria miniaturizzate a basso costo. Qui si illustra puro lavoro ed esercizio di fantasia e di inventiva. A mio parere si tratta di una realizzazione eccezionale ancora oggi e ancora oggi non vi è sentore, nel campo del modellismo di razzi, di simili imprese condotte con mezzi artigianali. Questo piccolo programma di studio è stato anche pubblicato sulla rivista Unoaotto di MantuaModel nel 1994 e ne è stata all'epoca informata anche la rivista Nuova Elettronica di Bologna, con risposte lusinghiere.

La capsula Policarpo è ancora oggi perfettamente funzionante, anche se non nella maniera in cui lo faceva all'epoca. Una modifica sul circuito fu effettuato nel 2000 per renderlo elettricamente più adatto alla modulazione del trasmettitore. Dato che dovevo incontrare un gruppo di radioamatori a Milano, ho preso spunto dai dati originali, che mostravano un'ampiezza eccessiva del segnale elettrico del VFO e rendevano la forma d'onda quadra molto degradata, e semplicemente ridussi la tensione d'uscita del circuito. Il trasmettitore riusciva così a spargere il segnale su una minore fetta dello spettro elettromagnetico. Per quanto riguarda l'analisi dei segnali, verso la fine di questa pagina raccolgo alcune considerazioni, talune ricavate all'epoca dei lanci e talune successive.




Breve storia del progetto (1992 -1993)

Idea iniziale

Dopo avere passato alcuni mesi nello sperimentare fantasiosamente i motori Estes tra A e C con piccoli missiletti artigianali, alcuni dei quali piuttosto al di fuori dei canoni "ortodossi" del razzimodellismo, cominciai a pensare che con questi motori avrei potuto finalmente realizzare qualche esperimento oltre al semplice volo del razzo, che in fin dei conti non era altro che una velocissima salita e una lenta discesa sotto paracadute e francamente molto poco emozionante. Così abbandonai alcuni esperimenti MOLTO divertenti che però non posso raccontare per iscritto e cominciai a pensare di mettere su un razzo qualcosa che non fosse normale parte del razzetto. Vale a dire un "carico utile", ovvero una specie di "missione". A questo punto il razzetto diventava solo una parte della "missione", vale a dire il veicolo che si incaricava di portare in quota quello che poteva essere un registratore audio a microcassette per registrare i suoni e gli effetti del veloce moto del razzo. La prima idea fu infatti quella di implementare un piccolo circuito oscillante a bassa frequenza, fissa, che doveva essere registrata dal telaio di un microregistratorino. Le sollecitazioni delle varie fasi del volo forse avrebbero potuto influenzare la velocità del nastro e quindi produrre una variazione del tono audio. Ma allora pensai che era meglio porre nel veicolo un piccolo trasmettitore radio per provare a trasmettere ciò che volevo dapprima registrare. L'esperimento diventava così molto interessante e un vero e proprio esperimento di telemetria analogica con conseguente ideazione e costruzione di un sistema di accelerometro meccanico. Tutto molto basilare e artigianale che però diede risultati incredibilmente positivi per l'epoca. Infatti a quell'epoca i razzimodellisti in Italia erano pochissimi e non efficacemente "organizzati" e "inquadrati" come poi succederà tristemente nel 1999. Eravamo tutti "cani sciolti" e piuttosto scollegati dai nostri predecessori degli anni Sessanta che si divertivano con tubi metallici riempiti di polvere di zinco e leggevano Sistema Pratico.



Definizione del progetto

Contattai l'amico Claudio K2, radioamatore del mantovano, per valutare l'ipotesi di coinvolgerlo nell'esperimento di tracking del razzetto che avrei dovuto costruire solamente dopo avere fissato le caratteristiche del trasmettitore, da cui dipendevano ovviamente quelle del vettore. Claudio mi disse che preferiva la banda dei 144 MHz perchè garantiva lunghe coperture con bassissima potenza, piuttosto che la banda degli 80 MHz che invece pensavo di usare. Infatti avevo da parte una piccola serie di trasmettitori di Nuova Elettronica, LX667, che avevo usato pochi anni prima come radiomicrofoni e come eccitatori per banda FM e fu una fortuna che la rivista prevedesse la possibilità di modificarli facilmente proprio per la banda radioamatoriale, sia pur con una certa perdita di potenza.
Partendo da questa decisione, la prima cosa fu di predisporre uno dei miei tre piccoli trasmettitorini secondo le indicazioni di NE per la banda dei 144 MHz. Il circuito funzionò subito bene e il mio ricevitore a larga banda testimoniò di una discreta funzionalità del modulino. Così cominciò la costruzione della capsula destinata a contenere il trasmettitore e la pila da 9 Volt. Nello stesso tempo ci fu un certo lavoro di modifiche al veicolo di lancio che inizialmente avevo cominciato a costruire con un diametro di 70 millimetri. Mi accorgevo infatti che la capsula avrebbe raggiunto il diametro di ottanta millimetri. Intanto anche le operazioni di mutua valutazione dei pesi, contestualmente con la costruzione dei primi elementi, mi portava a considerare necessaria la scelta della motorizzazione in cluster. Tre motori di classe C potevano andare bene ma alla fine optai per due motori D12, che complessivamente davano un maggiore impulso e garantivano al veicolo, che sarebbe pesato circa cinquecento grammi, una quota di poco superiore ai cento metri.



Costruzione e sviluppo

Prima di costruire il vettore avevo acquistato il kit Estes del Saturn V, un bel missile in cartoncino che volava con un motore D12. Per l'epoca si trattava di un modello stupendo, soprattutto per l'aspetto esteriore molto fedele all'oroginale, sebbene farlo volare con un solo motore D12 equivalesse a fargli fare poco più di un saltino, una quarantina di metri in tutto. Ma il motivo di questo acquisto era per me soprattutto lo studio delle tecniche costruttive di razzi di notevoli dimensioni, cosa che mi serviva appunto per poter progettare correttamente, utilizzando i materiali più leggeri possibili, il vettore Policarpo. Naturalmente costruire in cartoncino e ordinate di balsa significa davvero realizzare un missile molto fragile e ai limiti della rottura spontanea a causa delle sollecitazioni del volo; ma è proprio così, del resto, che si lavora nella reale missilistica, a parte,evidentemente, le grosse differenze nei materiali impiegati. Oggigiorno, pur con tutti i materiali compositi disponibili e le relative tecnologie di costruzione, molto più avanzate, i modellisti del ramo riescono a costruire "cancelli volanti" leggeri e fragili come autocarri pesanti.
Il booster fu realizzato in cartoncino Bristol, con due tubi portamotore interni fissati con ordinate di multistrato da 3 millimetri. Una zona inferiore, sede di incollaggio degli alettoni, fu resa leggermente più robusta. Una sezione superiore, quella per l'unione alla capsula, era costruita con possibilità di applicazione di un giunto con transizione conica per supportare una capsula con diametro di cento millimetri, dato che si intravedeva la possibilità di eseguire un diversissimo e divertentissimo "esperimento" aggiuntivo. Il giunto conico poteva essere fissato con viti e quindi rimosso. Primo esempio di modularità dei miei veicoli a razzo, che spinsi molto a fondo negli anni successivi e che impiego tuttora nei miei progetti. Gli alettoni furono realizzati in balsa semplice, leggermente irrobustita da un velo di colla vinilica.



Policarpo sketch 1
Policarpo sketch 2
Alcuni dei disegni originali.

A un bel momento mi resi conto che gli alettoni, che prevedevo piuttosto grandi (per via del fatto che calcolavo con carta e penna le caratteristiche di stabilità del veicolo e mi imponevo di renderlo stabile; all'epoca senza disporre di software di simulazione), erano molto cedevoli e tendevano a vibrare molto facilmente. Risolsi il problema semplicemente unendoli tra di loro con un elemento di collegamento costituito da un albero in legno di bambù. Il sistema di stabilizzazione divenne così molto più rigido. Molte soluzioni tecniche nascevano mentre costruivo, diciamo che era già una forma di sviluppo del progetto e del veicolo in contemporanea. Il risultato è che si ottiene alla fine un veicolo non troppo simile a ciò che si aveva inizialmente in mente, ma per nulla peggiore, anzi. E' davvero entusiasmante vedere crescere e modificarsi il proprio progetto. Questi aspetti sono sconosciuti a chi si accontenta di acquistare un kit commerciale e montarlo come da istruzioni.


Policarpo capsule
Capsula Policarpo. 1. sezione fusoliera sfilabile fissata con viti. 2. nose cone con attacco paracadute. 3. trasmettitore VHF N.E. 144 MHz. 4. Antenna a filo. 5. paracadute.

Policarpo booster & capsule
Capsula e booster.

La capsula fu costruita più lentamente e a un bel momento, verso giugno 1993, mio fratello azzardò l'ipotesi di costruire un oscillatorino costruito attorno a un integrato digitale, un semplice VFO, vale a dire un oscillatore variabile in funzione di una tensione applicata mediante un sistema di fotocellula a LED e fotoresistenza. Il sistemino avrebbe così permesso di costruire una specie di potenziometro elettronico-ottico, costituito da una banda di plastica trasparente resa in parte opaca da una striscia di cartoncino nero a forma di triangolo. Oscillando verticalmente la banda modulava per quantità di luce trasmessa alla fotoresistenza che, posta in un semplice circuito partitore, forniva una tensione variabile al VFO. Il circuito produceva, di conseguenza, un tono audio che variava in frequenza abbastanza linearmente con lo spostamento della banda oscillante. La banda oscillante fu sospesa tra due molle e a una estremità della banda un pesetto cilindrico costituiva la massa oscillante. Ecco il semplice accelerometro che trasmetteva un tono audio compreso tra i cento e i mille Hz a seconda della posizione della banda di fronte alla fotoresistenza. Il sistema fu rudemente fissato al telaio della capsula, proprio dietro al trasmettitore VHF. L'integrato CD4049 non era per nulla infastidito dal campo elettromagnetico prodotto dal trasmettitore e fin dal primo momento il circuito funzionò bene. La capsula era completata con un nose cone fissato definitivamente al telaio, da un tubo di fusoliera sfilabile inferiormente per permettere le regolazioni del TX e del circuito modulante, per sostituire la batteria. La batteria era ospitata in un apposito contenitore posto sopra il telaio. Un elemento rigido di attacco del paracadute era fissato al vertice del nose cone. La capsula completa di batteria e di due piccoli paracadute Estes pesava 220 grammi, mentre il booster, realizzato con tecniche estremamente conservative, pesava solamente centosettanta grammi completo di paracadute realizzato utilizzando un grosso sacchetto di plastica. Bastava aggiungere due motori Estes D12-5 per ottenere un peso di duecentocinquanta grammi. Il peso totale di Policarpo era al momento del lancio di quattrocentosettanta grammi, circa il triplo dei più pesanti razzetti che avevo fino allora realizzato.


Una serie di disegni esplicativi dell'epoca.

capsule dett
I sistemi della capsula.

Policarpo inerz sens
Principio di costruzione del sensore inerziale.

Policarpo accel band
Costruzione sensore su banda trasparente.

Policarpo accel band dett
Modulazione a variazione di area.

Policarpo sensor scheme
Schema del sistema sensore.

Policarpo photocell mount
Supporto fotocellula.


Policarpo capsule 3
Capsula Policarpo. Retro trasmettitore: 6. cilindro contenitore della massa oscillante fissata alla banda modulatrice. 7. fotocellula a LED e fotoresistenza.8. circuito VFO e partitori di tensione.


Policarpo accel sens
Particolare della sezione sensore di accelerazione.


Policarpo VHF TX
Il trasmettitore VHF NE LX667 modificato per la banda dei 144 MHz. Si tratta di un PLL a sintesi di frequenza, veramente stabilissimo e precisissimo per l'epoca. La capsula Policarpo è ancora oggi conservata completa e funzionante, con tutti gli elementi originali.


Policarpo 130893
Policarpo fotografato dopo il secondo volo e... dopo qualche riparazione


Attrezzature di terra

Contemporaneamente alla costruzione di capsula e vettore, mi resi conto che Policarpo avrebbe richiesto una rampa piuttosto pesante e stabile. Un semplice asse di legno quadrato con la solita asta da 4 millimetri non era certo una soluzione adatta. Serviva qualcosa di più stabile e duraturo. Così, sempre per questioni di semplicità e di velocità costruttiva, pensai a una base rettangolare in pesanti assi di legno, chiusa superiormente da una pesante lastra di acciaio ricavata dallo smontaggio di un vecchio piccolo fotocopiatore. Ai lati della base rettangolare fissai due aste, una, quella solita per i miei vecchi razzetti, e una più lunga da 5 millimetri di diametro, per Policarpo. Nello stesso tempo ebbi modo di fissare, ai lati del box, delle pinzette elettriche per l'attacco degli accenditori. Infatti cominciavo a voler diminuire i problemi di accensione dei motori, dato che un misfire di un motore mi avrebbe dato certamente un volo irregolare di Policarpo e molto probabilmente la sua distruzione. Così arrivai alla pensata di eliminare i famigerati coccodrilli e procedetti alla modifica di un nutrito numero di accenditori Estes mediante l'unione di una piattina di fili rigidi colorati. Ciò rendeva possibile dare corrente agli accenditori in parallelo senza il pericolo di piegarne i reofori e incorrere in rotture dell'elemento resistivo. Inoltre anche in caso di ritardo di accensione di un motore, la lunga piattina consentiva di rimanere attaccata al motore già in moto ascensionale e dare un paio di decimi di secondi in più per la sua eventuale accensione ritardata. Insomma, cercai di anticipare tutti i problemi che avevo incontrato nei precedenti mesi di... sperimentazione selvaggia.

Launch pad 1992
La rampa 1993. Si notano le colonnine di fissaggio dei terminali elettrici degli accenditori modificati.


La rampa di lancio pesava circa un chilogrammo e mezzo e poteva essere resa ancora più stabile con l'applicazione di assi di legno per aumentare l'impronta a terra. Un primo lancio del modello Estes Saturn V in aprile permise di mettere a punto alcuni piccoli problemi.



Procedure e test

Man mano che ci si avvicinava ad agosto, mentre procedeva il lavoro nel tempo libero delle domeniche e di qualche ora sul lavoro, procedeva anche il lavoro di stesura di un programma di lanci e contatti con l'amico Claudio per mettere a punto la capsula, vale a dire testarla a terra per verificare che funzionasse e per fissare la giusta frequenza di trasmissione. Sapevo che la frequenza migliore per il trasmettittore era risultata essere quella di 144,975 MHz in via teorica, ma un altro conto era verificarla dal vero. Claudio così mise a disposizione il suo ricevitore Yaesu FRG9600 con cui passai alcuni giorni agli inizi di agosto per fare prove di trasmissione. Mio fratello, all'epoca impegnato con la fidanzata, mi assicurava buoni quarti d'ora del suo tempo libero e caricava la capsula Policarpo sulla schiena per poi girare per le strade del paese in bicicletta. Io a casa con il mio ricevitore a larga banda e un'antenna Yagi a quattro elementi verificavo il modo migliore di tenere l'antenna e valutavo le variazioni di polarizzazione. Poi pregavo Max di rifare il giretto e usavo il ricevitore di Claudio. Scopersi ben presto che il mio doppia conversione costruito su circuiti di NE era molto più sensibile del Yaesu, di contro il magnifico digitale di Claudio era stabilissimo e preciso e definimmo così esattamente la frequenza operativa. La sera del 6 agosto 1993 in un breve "briefing" decidemmo che la sera successiva avremmo lanciato. L'intera giornata del 7 agosto fu dedicata alle ultime prove, alla preparazione degli accenditori, alla preparazione della stazione di collegamento radio CB e all'impacchettamento dei paracadute.


Programma di lanci

 Nel pomeriggio del 7 agosto cominciai ad accendere le radio. Il mio ricevitore a larga banda fu montato con l'antenna a stilo anzichè quella direttiva perchè non avevo collaboratori oltre a mia sorella Rossana che già doveva presiedere la radio CB per il collegamento con Claudio da casa sua. Attivai il fido registratore Sony TC-MR2 e un microfono stereo che avrebbe ripreso da un lato la voce di Rossana e dall'altro i suoni provenienti dalla rampa di lancio posta a circa cento metri dietro casa. Poi raccolsi i collaboratori che costituivano la Squadra Tigre (avrei potuto definirla la Squadra Lambrusco, date le caratteristiche dei miei "uomini", vale a dire mio papà e Jaegermeister-Gabriele). Mi fissai alla cintura il fidatissimo, stupendo e costosissimo registratore Sony TC-D6C e un microfono stereo al collo. Partimmo con Policarpo, la rampa di lancio, valigetta di attrezzi e ci recammo al sito di lancio. Arrivammo dopo solo tre minuti, prendendocela anche comoda. Sistemai rampa e vettore e accesi la capsula. Stesi la centralina di lancio e NON diedi la chiave a Nevio LCO per via del fatto che... non si sa mai. Tornai di corca a casa e agguantai il mike del CB per contattare Claudio che era già in linea. Anche lui, su mio ordine, diede il via al registratore e poi consegnai la radio a Rossana, mentre alla mia radio già arrivava il tono del trasmettitore modulato dall'accelerometro. Mi accorsi che mio papà toccava il missile perchè avvertivo delle piccolissime variazioni di frequenza del tono audio ricevuto, segno che Policarpo era leggermente mosso a mano. Anche questo era segno della discreta sensibilità del sistema di accelerometro. Tornai di corsa al sito di lancio e consegnai la chiave di sicurezza a Nevio LCO. Gabriele Jaegermeister urlò il count-down. Alle diciannove e trenta del sette agosto 1993 Policarpo accese i suoi due motori D12-3 e il vettore decollò, non troppo velocemente dato il suo peso. Stabile nella ascesa, fu in circa quattro secondi in quota massima (apogeo) e assistemmo all'apertura del paracadute. I due elementi del veicolo si separarono e, sotto i rispettivi paracadute, ci sorvolarono prendendo direzione Ovest e atterrarono in pochi secondi a circa centocinquanta metri, proprio nel cortile del vicino di casa. Mentre mi avviai velocemente per il recupero, i miei due collaboratori si occuparono di riporre rampa e attrezzatura. Di lì a pochi minuti mi trovai sul tetto in lamiera ed Eternit del garage del mio vicino di casa, e a sprezzo del pericolo strappai il vettore Policarpo avviluppato nelle foglie di vite Merlot del papà di Davide che osservava che non gli rovinassi i rari tralci. Udii a un certo momento il suono del tono radio emesso dalla caspula: mio papà stava cercando la capsula e usava il ricevitore come "radioguida" per avvicinarvisi pur non vedendola. Ottima la sua pensata, che costituiva un ulteriore esperimento estemporaneo. Difatti trovammo la capsula dall'altra parte dell'orto del mio vicino, nascosta e impigliata in un albero di pesche. Il mio vecchio amico di infanzia Davide si arrampicò con la sua agilità di ventiquattrenne e recuperò la mia capsula.
Ringraziai Davide e famiglia, promettendo loro una bottiglia di vino... e mi dissero di NON portare il vino di mio papà, notoriamente genuinissimo ma anche molto a corto di alcol.
Mi precipitai a casa e riagguantai la radio CB. Claudio fu cortese e preciso nei suoi compiti e mi ritrasmise, in diertta, la registrazione del tono audio di Policarpo come ricevuto da tre chilometri di distanza, facendomi rimanere per qualche istante senza fiato per l'emozione. L'esperimento era pienamente riuscito al primo colpo e capsula e booster erano in ottime condizioni.

Non è possibile spiegare l'emozione di vedere riuscire un esperimento così complesso, dopo dieci mesi di lavoro continuo e dopo tantissimi imprevisti che richiesero modifiche e regolazioni infinite. Era veramente come realizzare il completamento di una piccola missione spaziale.

A questo punto mancava solamente la ripetizione dell'intero sistema per dimostrare che tutto era adeguato ed efficace e non solamente il risultato della buona fortuna.

La sera con Claudio a casa decidemmo di passare alla seconda fase del programma. Avremmo cioè eseguito la sera seguente un nuovo lancio che non prevedeva la capsula trasmittente, bensì quella maggiorata con il carico utile... appariscente. Compito di Claudio sarebbe stato quello di effettuare fotografie per la documentazione.

Dopo una giornata passata a ripulire il vettore e a sostituire il sistema di paracadute, la sera dell'otto agosto 1993 ripetei le procedure di preparazione, che prevedevano alcune modifiche per permettere al vettore di eseguiro il nuovo "esperimento" per il quale non si sarebbe lanciata la capsula elettronica.  Fissai a vite il giunto conico e nella capsula maggiorata fu posto il "segnalatore visivo di corrente atmosferica", vale a dire un rotolo di carta igienica dotato all'estremità di un piccolo paracadute. La capsula era dotata di un enorme paracadute e doveva semplicemente lasciar fuoriuscire il rotolo di carta che avrebbe dovuto srotolarsi a oltre cento metri di quota, provocando così la più spaziale delle stelle filanti e, ovviamente, segnalando visivamente la direzione del vento. Alle diciannove Claudio arrivò in sella alla sua fida Lambretta, che era stranamente partita dopo sole sessantadue pedate alla pedivella, e preparò la sua fotocamera Yashica motorizzata sul treppiede mentre io preparavo Policarpo e la centralina.
Jaegermeister diede il consueto count-down e LCO Nevio schiacciò il pulsante di accensione, ma i motori non si accesero. Ripetemmo la procedura dopo avere controllato gli accenditori, ma nuovamente ci fu misfire. A questo punto era chiaro che avevo problemi con la centralina e decisi di rinviare il lancio. Claudio aveva eseguito qualche foto. Facemmo ripartire a spinta la Lambretta di Claudio, che così poteè ritornare alla sua base. A casa aprii la centralina e non trovai nulla di anomalo, a parte la tensione dell'accumulatore un po' bassa. Mi resi conto che avevo corso qualche grosso rischio con il primo lancio di Policarpo e attaccai la batteria al caricatore. Buttai via i due accenditori vittima di due false accensioni e l'indomani sera ripetemmo tutto quanto. La sera del nove agosto 1993 Policarpo decollava nuovamente, stavolta con una forma dversa. Il decollo fu nuovamente piuttosto lento e graduale e nonostante la capsula massiva ed ingombrante, stabile.

Policarpo 09081993
Policarpo sulla... "rampa" appesantita da un pezzetto di bimattone. 

Policarpo 2 liftoff
Decollo di Policarpo 2D con la capsula maggiorata.

Policarpo 2 deploy
Nel cielo appare una vistosissima stella filante, che nemmeno a San Siro quando gioca il Milan se ne vede una uguale!

Policarpo decollò alle diciannove e venti del 9 agosto 1993 in configurazione "funghetto" e portò in quota un puntino bianco che divenne ben presto una lunga striscia bianca. Alcuni abitanti del circondario, avvertito il rumore dei motori (che era piuttosto fastidioso per tutti i cani del paese, che si mettevano a latrare per protesta), uscirono di casa e manifestarono stupore per quell'oggetto volante. Alcune massaie furono più curiose che impaurite da un eventuale sbarco di alieni maniaci della pulizia del corpo e in pochi minuti ebbi una specie di riunione sediziosa attorno a me. Quando spiegai che si trattava di una cosettina del tutto innocua e che, no, non avevo cosparso la carta igienica con la polvere pruriginosa, gli abitanti del piccolo paese ridendo e chiacchierando su quel milanese che tutti gli anni portava scompiglio nella comunità, si ritirarono nelle loro case. Portandosi via anche la carta igienica, che non ritrovai per terra! Mania dell'ordine dei mantovani, senza dubbio.

Anche il secondo volo di Policarpo fu un successo. Anche se naturalmente non era molto scientifico, questo secondo volo fu assolutamente divertente e contribuì a svegliare le "coscienze" missilistiche di alcuni ragazzini che poi vollero d a me qualche consiglio per realizzare piccoli missiletti e a cui regalai anche qualche motore. Insomma, tutto questo faceva spettacolo, benchè ciò non fosse proprio quello che volevo a tutti i costi. Era quindi l'ora di rimettere mano al programma principale, con la ripetizione della missione con la capsula telemetrica. Claudio doveva passare qualche giorno di vacanza in montagna e decidemmo così di ripetere il volo della capsula elettronica il quattordici agosto. Così avrei potuto controllare booster e capsula e preparare per bene l'esperimento più importante.

Il pomeriggio del tredici agosto Policarpo era rimesso a nuovo, con vistose riparazioni agli alettoni e qualche ritocco alla fusoliera, naturalmente senza troppa cura nelle finiture estetiche, come mio solito. Claudio ritornato dalla montagna veronese mi fece alcune riprese fotografiche che dovevano servire per progetti di divulgazione, anche se all'epoca non sospettavo certo che ne sarebbero nati articoli su riviste e pagine web.

La sera del quattordici agosto 1993 la Squadra Lambrusco al completo fu riunita e ripetemmo la missione di telemetria, esattamente come quella del sette agosto. Policarpo fu infatti nuovamente dotato di due motori D12-3 per pura prudenza, piuttosto che tentare di aggiungere un pochino di quota, dato che avevo notato come il deploy si fosse effettuato, nel primo volo, con il veicolo ancora in lento moto ascendente. Il rischio era infatti quello che altri due secondi di ritardo producessero un deploy con il veicolo già veloce in fase di caduta, provocando danni ai paracadute e forse al booster e alla capsula, ma non avevo due Estes D12-5, quindi si trattò anche di una scelta del tutto inevitabile.

Policarpo decollò bene e ripetemmo tutto quanto. Claudio K2 a casa sua ripetè la ricezione e la registrazione, mentre alla base io non ottenni una buona registrazione per via del fatto che mia sorella non era molto attenta e non regolò il ricevitore analogico... del resto io non l'avevo molto addestrata. Claudio ricevette molto bene il tono radio e la sera mi consegnò la cassetta. Ormai il programma era virtualmente concluso con successo e i risultati erano veramente migliori delle più rosee previsioni. Decidemmo di fare ancora un lancio, dato che stavo per finire i motori e comunque avremmo potuto magari fare foto del missile al decollo. Claudio si disse pronto a tentare. Notai un piccolo danneggiamento da urto al giunto della capsula ma non gli diedi troppa importanza.

La sera del quattordici agosto c'erano novità: mio papà aveva mal di denti e non poteva essere di aiuto, ma il nostro vecchio amico Gianni era venuto a trovarci dopo anni di mancanza. Fu mattacchione ed entusiasta e partecipò alle operazioni. Misi in opera  registratore e ricevitore mentre Claudio preparava sul campo la fotocamera motorizzata. Nelle fasi di sintonizzazione del ricevitore analogico, che richiedeva qualche minuto di riscaldamento per stabilizzarsi, notai che il tono audio trasmesso dalla capsula da pochi minuti accesa, era stranamente fissato intorno agli ottanta Hz. Avviai il registratore e tornai alla rampa, pregando Rossana di controllare se avesse avvertito una nota più alta mente io avrei aperto la capsula. Notai, una volta aperta la capsula, che la massa oscillante si era portata in posizione più alta del normale, come se la molla di sospensione inferiore fosse rotta o stirata o sganciata. Per porre rimedio alla faccenda avrei dovuto rinviare il lancio e quindi, visto che comunque la massa oscillante si muoveva verticalmente, decisi di lasciarla partire nonostante il malfunzionamento del sensore. In quel momento capii che il segno di deformazione del giunto segnalava un atterraggio brusco della capsula al secondo volo. Proseguii e pazienza se il tono audio sarebbe stato di difficile interpretazione. Policarpo era motorizzato in quell'occasione con un D12-3 e un D12-5 (l'ultimo disponibile nella mia scorta) . Chiaramente non c'erano problemi per il deploy, anche perchè a ogni lancio applicavo paracadute nuovi e comunque un solo D12 aveva la potenza sufficiente per effettuare correttamente il deploy.

Policarpo 4
Policarpo al decollo del 16 agosto 1993.

Policarpo decollò e arrivò a circa centoquaranta-centocinquanta metri, come al solito. Solo, questa volta NON si portò a Ovest, passando sopra le nostre teste, ma verso Sud, finendo proprio nel campetto pieno di stoppie dietro casa. L'amico Gianni volle renderci partecipe del suo entusiasmo infilandosi nel regno di ragni, cavallette ma soprattutto zanzare con il figlioletto Riccardo sulle spalle. Sparì alla vista e per un momento tememmo di perderlo vittima delle belve feroci mantovane, ma le sue allegre grida di mantovano che si diverte rumorosamente ci facevano divertire anzichenò. Gianni trovò la capsula e me la portò trionfante, e poi si rituffò nel campetto di erbacce. Il booster non venne mai trovato e decisi di lasciarlo perdere, tanto la capsula era salva. Gianni emerse dalle erbacce pieno di gonfiori di punture di zanzare e di ortiche, e fu anestetizzato contro il dolore con robuste dosi di Lambrusco.

Una foto ricorda l'evento di quella sera. Come siamo tutti diversi... Ma bisogna dire che il vecchio Criscaso con il tempo è migliorato!

Policarpo team 16081993
Foto di gruppo del sedici agosto 1993. Per la "privacy" non dico i nomi, tanto io sono adesso molto più bello di allora!

Così finiva, in allegria e con pieno successo, il programma di lanci di Policarpo. Adesso cominciava il lavoro di raccolta dei dati.



Raccolta dati, esperimento "indefinibile" e risultati

Concluso il periodo dei lanci, avevo una notevole raccolta di foto e di registrazioni audio. Soprattutto le registrazioni, che contenevano il tono audio dell'accelerometro. Nel 1993 non ero molto ferrato nei computers e digitalizzai semplicemente le registrazioni con la massima qualità possibile, pur conservando le registrazioni originali sui supporti originali. Le registrazioni erano state realizzate con tre diversi registratori, due miei e uno di Claudio. Io avevo impiegato per le riprese audio da casa, cioè microfonico per audio della radio CB e del tono audio di Policarpo e delle voci degli osservatori il Sony TC-MR2, fantastica e incredibile macchina stereo a microcassette, un po' carente di dinamica e rapporto S/N ma certamente di più che ottima qualità; e il Sony D6C, registratore semiprofessionale a cassette dotato di Dolby C che mi permetteva di effettuare registrazioni estremamente nitide e definite, sì che all'ascolto ancora oggi non danno l'impressione di essere di vent'anni fa. Si sente, eccome, il passare del tempo nelle voci delle persone che sono rimaste incise. E il registratorino Grundig a cassette di Claudio, su cui si trovano le tre registrazioni del tono radio di Policarpo ricevuto dalla sua base. Tutto perfettamente conservato nel mio archivio.

Nel 2000 finalmente entrai in possesso di un piccolo software analizzatore di spettro, il GRAM che molti radioamatori ricordano e usano ancora. Passai le registrazioni al GRAM e... non senza emozione ricavai delle immagini che parlano da sole! L'analisi del tono permette infatti di scoprire come il piccolo e artigianale accelerometro fosse in grado di avvertire e rilevare le variazioni di accelerazione all'interno della capsula durante i voli. Sapevo già che la massa oscillante possedeva eccessiva inerzia e che per questo motivo rimbalzava più volte, con ciò danneggiando parecchio l'informazione contenuta, ma per essere un esperimento del 1993 è comunque qualcosa di unico ed eccezionale e rappresenta anche una vera "imitazione" di una missione spaziale con telemetria analogica, molto ma molto simile a quanto si faceva ai primordi della missilistica. Infatti la modulazione audio del segnale RF è molto ma molto simile alla modulazione della telemetria di storici missili e satelliti, come il Vanguard e il Redstone.

Nello schermo del computer si poteva leggere la curva prodotta dal tono audio.

Cominciamo a vedere questi interessanti grafici.


Policarpo rec 1

La curva di GRAM relativa alla registrazione del tono di Policarpo del 7 agosto 1993. Elaborazione in falsi colori per maggiore chiarezza. Nel riquadro è presente l'effetto della decelerazione del veicolo a seguito del burnout dei motori. La parte iniziale del tracciato mostra la violenta accelerazione al decollo, ma il rumore audio prodotto dai motori che arrivava in diretta ai microfoni da cento metri ha prodotto un inquinamento a circa 0,3 secondi. Il resto del volo è pulito e mostra sostanzialmente un tono di riposo attorno ai 400 Hz (curva più in basso, mentre la seconda in alto rappresenta l'armonica superiore intorno agli 800 Hz). Le piccole transitorie variazioni di tono corrispondono a dondolamenti della capsula appesa al paracadute. Inoltre si nota che ogni volta il sensore si sposta in una posizione di riposo leggermente diversa da quelle precedenti, a causa dell'attrito del cilindro di ammortizzazione con il barilotto della massa oscillante. A ventisette secondi si nota un grosso picco, segno dell'atterraggio sul garage del vicino di casa. L'intero volo è qui contenuto, della durata di ventisette secondi.





Policarpo rec 2 dett
Dettaglio del momento di decelerazione di Policarpo appena dopo il burnout. Infatti si nota la sparizione del segnale caotico prodotto dai motori. La curva tende a risalire lentamente  dopo un picco molto basso.





Policarpo 3 8sec

I primi sei secondi del secondo volo. In questo caso, avendo fissato il microfono più vicino al ricevitore, ho ricavato meno rumore e la registrazione del tono audio è un po' più pulita. Importante notare come il picco iniziale al decollo, di circa 3g, sia seguito da tre rimbalzi della massa oscillante e da una curva molto più ampia e dolce, che arriva a circa 4g e rappresenta il burnout. Poi il rumore dei motori inquina molto il segnale ma sono avvertibilissime le nove identiche curve di circa 1,5 g che rappresentano il momento appena successivo all'apogeo, quando la capsula si trova in volo inerziale e il sensore lavora in maniera meno afflitta da attriti. Il volo prosegue con un tono abbastanza comparabile a quello del primo volo. A quattro secondi e mezzo dal decollo è evidente la sollecitazione dovuta alla carica di deploy, che produce un picco molto elevato. Il sensore non era centrato nella capsula e poteva leggere un massimo di 4g positivi e 7g negativi, valori comunque molto approssimativi. Questo documento è a mio avviso realmente fantastico per la quantità di informazioni che racchiude.






Policarpo 1 dett
Dettaglio dei primi quattro secondi e mezzo del volo. Notiamo che la curva di spinta dei motori D12 produce un picco di accelerazione molto violento che non si ripete perchè poi diventa molto più piatta, ma la massa oscillante continua a rimbalzare per tre volte e poi registra una curva molto più dolce, seguita da nove oscillazioni identiche che possono rappresentare una sorta di POGO indotta al veicolo dalla decelerazione accoppiata con l'inerzia del sensore in una apparente oscillazione verticale di circa 1g. Da ciò si comprende come il sensore, per funzionare al meglio possibile, dovrebbe essere estremamente leggero ed efficacemente ammortizzato.




Policarpo 3 k2
Questo è il grafico della registrazione di Claudio K2 relativa al primo volo. Il segnale utile arriva quando Policarpo supera la quota di circa 30-40 metri, e rappresenta il momento della leggera decelerazione successiva al decollo, circa un secondo dal Lift-off. La curva è molto comparabile con quella ricavata al centro di lancio, anche se la qualità del segnale audio è molto differente per via della diversa tecnologia di registrazione e della ampiezza della banda passante di ricevitore e registratore da parte di Claudio. Oserei dire che questa curva contiene informazioni più chiare della mia, perchè innanzitutto non contiene rumore microfonico e in secondo luogo la ridotta banda passante si traduce in una migliore definizione della curva ricavata dal tono audio. La scala di ampiezza è comunque diversa e bisognerebbe oggi ripetere digitalizzazioni e analisi delle registrazioni per tentare di renderle molto più omogenee. In ogni caso il segmento di venti secondi registrato da Claudio mostra esattamente le stesse sollecitazioni della banda da me raccolta. Il segnale radio arriva a Claudio a 3 chilometri di distanza solamente quando la capsula è a una quota di più di trenta metri.






Ricadute e documentazione

La "ricaduta" più bella del programma Policarpo è rappresentata da una serie di documenti che ancora oggi mi fanno inorgoglire, e da una serie di registrazioni che ancora oggi sono giudicate con meraviglia e ammirazione da chi le ascolta. E, in più, da un piccolo articolo pubblicato sulla rivista "Unoaotto" della MantuaModel che mi offrì, nel 1994, di avviare una piccola collaborazione che però si interruppe dopo due numeri a causa della sospensione delle pubblicazioni, senza preavviso... e io avevo già inviato il materiale per un terzo articolo. Pazienza, tanto ciò che conta è comunque avere fissato sulla carta di una rivista la piccola impresa.

Ecco una serie di registrazioni audio dall'archivio storico Criscaso.

Per eseguire elaborazioni audio comparabili a quelle qui mostrate è necessario impiegare registrazioni della massima qualità possibile; evidentemente non si tratta degli mp3 qui forniti. Le registrazioni originali su cassette sono tuttora conservate nel mio archivio, e le digitalizzazioni degli anni 1993-1995 sono state effettuate con software buoni sebbene non eccelsi, e a risoluzioni "decenti" a 44Khz. Posso oggi digitalizzare le mie registrazioni con migliore qualità e con migliore risoluzione ed effettuare analisi più approfondite. In tal caso, benvenuta sarà ogni forma di collaborazione che dovesse pervenire. Per altri scopi di studio posso fornire segmenti delle registrazioni marchiate digitalmente per evitare manipolazioni.

Lancio 1 07081993 dal centro di controllo

Lancio 1 07081993 dal centro K2 Claudio

Lancio 3 14081993 dal centro K2 Claudio

Lancio 4 16081993 dal centro K2 Claudio

Confronto Lancio 1 07081993 su due canali



Cristiano, aprile 2012














 







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"criscaso", Cristiano C. - Born Milan, Italy, 1964. Typewriters & Office repairing; Hobby Rocketeer since 1978.

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